Riflessioni su marionette e nuovi media
Intervista a Stefania Mannacio Colla
- INTERVISTE
- 14 Ottobre 2024

Ha debuttato venerdì 11 ottobre 2024, con Cenerentola, la nuova stagione del Teatro di Gianni e Cosetta Colla, “un teatro per bambine e bambini, fatto da marionette bellissime, attrici bravissime, attori magnifici”. Il nostro gruppo di ricerca sta collaborando con la compagnia milanese a un progetto di valorizzazione del suo archivio storico presentato il mese scorso a Villa Arconati. Nella stessa occasione abbiamo intervistato Stefania Mannacio Colla.
Stefania è nipote di Gianni e Cosetta (rispettivamente nonno e zia) e rappresenta la sesta generazione della famiglia Colla. Ha debuttato a teatro all’età di quattro anni, interpretando Pinocchio. Marionettista e attrice, dal 1995 scrive le sceneggiature degli spettacoli del nuovo repertorio, dal 2010 ne cura le regie, dal 2018 è direttrice artistica della compagnia.

Per un teatro al passo coi tempi
Il nostro gruppo di ricerca si occupa di teatro e nuove tecnologie. La prima domanda sorge spontanea: come può una compagnia tradizionale come la vostra, che tramanda artigianalmente un’arte antica, continuare a sopravvivere in un mondo in cui i bambini sono esposti sin dall’infanzia allo smartphone? Come riuscite a catturare la loro attenzione, vincendo la competizione dei dispositivi elettronici?
Secondo me l’aspetto che interessa maggiormente i bambini è il fatto che il teatro sia uno spettacolo dal vivo. Per loro è una cosa magica come il circo: vedono degli artisti, quindi delle persone, che mettono in scena le loro abilità, la loro capacità di fare qualcosa. Questo mette al riparo il teatro da un’ipotetica fine. Tante forme d’arte sono morte o hanno perso interesse da parte del pubblico, ma al teatro non succederà mai, perché propone lo spettacolo dal vivo per antonomasia, è una magia che si ripropone di volta in volta. Poi bisogna essere capaci, bravi e avere l’esperienza per arricchire nel tempo i propri spettacoli. Le nostre produzioni, per esempio, rispetto al passato sono cambiate molto. Abbiamo anche inserito elementi vagamente tecnologici, sperimentando da quest’anno delle piccole e semplici videoproiezioni, che sono state molto efficaci.
Si tratta di scenografie digitali?
Negli ultimi anni lavoravamo molto con la scatola nera, che è interessante, è suggestiva, molto teatrale, però per il pubblico dei bambini può risultare un po’ pesante. Come regista spesso mi sono ritrovata in platea e guardando la scena pensavo che avesse bisogno di essere rallegrata, colorandola di più. Quindi da quest’anno abbiamo iniziato a farlo con le videoproiezioni sul fondale. Da un lato abbiamo effettuato digitalizzazioni di scenografie preesistenti, dei bozzetti originali, molti dei quali conservati al Centro Apice. Dall’altro abbiamo anche proiettato creazioni ex novo, quindi delle rielaborazioni grafiche, per esempio in Robin Hood.
Avete collaborato con uno scenografo o artista digitale?
Se ne è occupato mio figlio Luigi, fresco di studi cinematografici. Essendosi laureato due anni fa in Cinema alla NABA, ha dimestichezza con gli strumenti digitali. Lavora con la compagnia da un paio d’anni, quindi ha messo a frutto le sue competenze con dei fondali che sono piaciuti. Infatti adesso vorremmo sviluppare quest’area. Sottolineo però che il teatro deve continuare a essere vivo e dal vivo, quindi differenziarsi dall’atto di guardare uno schermo.



Il rapporto con i nuovi media
Parliamo di canali di comunicazione, inclusi i social media. I vostri spettacoli hanno un target ben definito, infatti collaborate anche con diverse scuole. In che modo scegliete di comunicare con il pubblico?
Della comunicazione mi occupo io stessa. Partiamo dal fatto che siamo molto conosciuti, questo è un dato di fatto oggettivo. Siamo a Milano da una vita, dal 1946: i genitori medi milanesi sanno che esiste il Teatro Colla e quindi prima o poi porteranno i loro bambini ai nostri spettacoli. Su questa fama, però, ho dovuto costruire una comunicazione piuttosto organica. Ammetto di essere poco social, perché penso che i social media siano un po’ sopravvalutati, quindi li uso con moderazione. Sostanzialmente siamo solo su Instagram, che mi sembra piuttosto garbato e ci dà anche dei riscontri. Però fondamentalmente la nostra miglior pubblicità è il passaparola, lo abbiamo verificato empiricamente. Registriamo poi ottimi responsi dalla newsletter, che funziona molto, perché raccontiamo la nostra stagione con una paginetta in stile molto infantile, corredata di foto. Penso sia bello leggerla insieme ai bambini!
A proposito di teatro e nuovi media, è al centro del dibattito, soprattutto a partire dal Covid, la possibilità di fruire gli spettacoli a distanza. Una delle risposte può essere la realtà virtuale, a cui è dedicato il nostro progetto di ricerca. Esistono però anche modalità più tradizionali come i video su YouTube o il teatro televisivo. È un qualcosa che intendete approfondire? E durante la pandemia come vi siete comportati?
Negli archivi Rai ci sono diversi nostri spettacoli, perché tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta la TV di Stato fu molto interessata alle nostre produzioni. Con i potenti mezzi della Rai furono realizzati dei veri e propri prodotti televisivi a partire dai nostri spettacoli. Il primo risale forse già agli anni Sessanta, La famosa invasione degli orsi in Sicilia, quando Buzzati era ancora vivo. In fondo eravamo allineati con i tempi del cosiddetto teleteatro, penso anche a De Filippo. Quello è stato un periodo abbastanza felice di riprese. Io però sostengo che sia un’altra cosa rispetto al teatro dal vivo. Motivo per cui durante il Covid non ho mai creduto che sarebbe cambiato tutto, mai. Semplicemente siamo stati fermi un anno e mezzo, in attesa che le cose tornassero come prima. Infatti tutto è tornato come prima! O almeno per il teatro, perché sì, abbiamo in casa mega televisori e Netflix, però in fondo continuiamo ad andare al cinema. A maggior ragione continueremo ad andare a teatro.


Il progetto Marionette 3.0
Salutiamo i lettori con qualche riflessione sul nostro progetto di valorizzazione dell’Archivio Colla. Cosa hai pensato quando ti abbiamo contattato, proponendo di coniugare archivio storico e nuove tecnologie? Che idea ti sei fatta e cosa ti aspetti?
Mi sono veramente esaltata! È stata una mia idea portare il nostro materiale al Centro Apice. Prima la catalogazione e la conservazione del vasto archivio della compagnia avvenivano in modo assolutamente artigianale e autonomo. Mi sono sempre preoccupata di offrire del materiale in ordine a quanti interessati, per esempio a ricercatori e tesisti. A un certo punto, però, mi sono resa conto di non avere il tempo e gli strumenti. Così, tramite il professor Martino Marazzi, ho conosciuto il Centro Apice e da lì è iniziata la collaborazione. Quando ho letto il vostro progetto di valorizzazione ho pensato che sia un bel modo per dare vita a un altro aspetto del nostro lavoro, anche in termini divulgativi, perché è chiaro che tanta gente ci conosce, viene a vedere un nostro spettacolo, però non sa cosa c’è dietro. Io se vado a vedere uno spettacolo teatrale, mi informo, mi documento sulla storia della compagnia. Ma realisticamente non possiamo pensare che genitori e insegnanti vadano ad Apice. Per questo sono assolutamente a favore della digitalizzazione, perché è il presente, è il futuro.
Se mi è concesso, ritengo poi che il valore aggiunto del nostro progetto consista nel comunicare che l’archivio non è qualcosa di statico e congelato nel passato, ma che dall’archivio possa nascere nuova arte, qualcosa di inedito che però si ispira alla vostra storia. Da qui il coinvolgimento di giovani talenti attivi nell’illustrazione e nelle arti digitali.
Sono pienamente d’accordo e non vedo l’ora di scoprire cosa stanno realizzando!