Lavorare nel museo dell’effimero: le voci dei ricercatori dello Spoke 2
- FOCUS
- 14 Aprile 2025
Il 10 aprile 2025 si è tenuto presso l’Università degli Studi di Milano, nell’Aula K43 di Via Noto 8, il seminario “Lavorare nel museo dell’effimero: conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale immateriale”. L’iniziativa è stata promossa nel programma formativo del Dottorato in Scienze del Patrimonio Letterario, Artistico e Ambientale, organizzata dal Prof. Alberto Bentoglio con la responsabilità scientifica della Dott.ssa Arianna Frattali.
L’appuntamento si inserisce tra le attività di ricerca previste dal PNRR CHANGES Spoke 2 e ha rappresentato un’interessante occasione di confronto interdisciplinare tra studiosi provenienti da diversi ambiti di ricerca: teatro, cinema, musica ed estetica. Tutti i contributi hanno avuto come filo conduttore il tema della documentazione, digitalizzazione e restituzione del patrimonio culturale immateriale, inteso come insieme di pratiche artistiche e performative per loro natura effimere, destinate a sopravvivere nel tempo attraverso le tracce lasciate dietro di sé.
Spettacolo dal vivo e ambiente virtuale: un’esperienza immersiva
La giornata si è aperta con l’intervento di Andrea Scanziani (estetica), che ha dedicato la sua relazione al caso di studio di La signorina Julie, un adattamento teatrale realizzato in realtà virtuale grazie alla collaborazione con il Teatro Franco Parenti di Milano.
Scanziani ha avviato una riflessione teorica e pratica sull’impatto delle tecnologie immersive sull’esperienza dello spettatore, che si ritrova a vivere un nuovo tipo di “qui e ora” teatrale. Ha introdotto i concetti di schema corporeo esteso ed ego-splitting, esaminando come l’esperienza performativa virtuale possa generare nuove modalità di coinvolgimento sensoriale e cognitivo. Il suo intervento ha sollevato questioni fondamentali: come distribuire questo tipo di opere? Quali forme assumono la retribuzione degli artisti? Come ridefinire l’autorialità in un contesto in cui il confine tra reale e virtuale si fa sempre più sfumato?
La discussione con i dottorandi ha poi dato spazio a riflessioni cruciali sulle trasformazioni che le tecnologie immersive potrebbero portare, aprendo il dibattito su come le pratiche artistiche possano evolversi in risposta alle sfide e alle potenzialità di questi nuovi media.
Documentare il suono: il corpo come strumento di ascolto
Ha proseguito i lavori Giovanni Cestino (etnomusicologia), il cui intervento ha avuto come oggetto le pratiche di documentazione sonora di ambienti e performance musicali. Attraverso l’analisi di due casi di studio significativi – le tradizioni canore di Premana (LC) e Accettura (MT) – Cestino ha messo in luce la distanza spesso inevitabile tra l’esperienza sonora vissuta e la sua registrazione.
Nel caso dei Cantori di Premana, il canto collettivo genera un ambiente acustico avvolgente, in cui il suono permea lo spazio e coinvolge fisicamente chi ascolta, creando l’impressione di essere “attraversati” dal suono stesso. Tuttavia, questa esperienza sensoriale non può essere completamente restituita in una registrazione audio tradizionale, che limita il punto d’ascolto a una prospettiva statica e focalizzata. Quando il suono viene affiancato da riprese video, che catturano volti, spazi e gesti, è possibile cogliere almeno in parte il contesto relazionale e l’interazione tra i partecipanti, restituendo una percezione più ricca della performance. La combinazione di audio e video permette così di avvicinarsi all’esperienza immersiva originale, dove la percezione del suono è inestricabilmente legata all’ambiente e alle persone che lo producono.
Nel rito di Accettura, il canto “in faccia alla zampogna” è stato ripreso collocando la videocamera direttamente sullo strumento. Sebbene l’audio venga registrato da una prospettiva esterna, questa scelta visiva consente di trasformare la zampogna in un soggetto percettivo che diventa un mediatore attivo tra l’umano e l’ambiente sonoro.
Per ovviare a questa frattura tra evento e documento, Cestino ha illustrato pratiche di registrazione embodied, ovvero tecniche in cui microfoni indossati dai soggetti, GoPro posizionate su persone in movimento, o soundwalk con registratori portatili, permettano di restituire una dimensione più partecipata e relazionale del paesaggio sonoro. In questi contesti, il microfono diventa un personaggio, capace di simulare un ascolto incarnato, inseguendo il suono e partecipando all’evento.
Questa prospettiva rinnova l’idea stessa di documentazione: il registratore e il microfono non sono più strumenti passivi, ma presenze attive nel contesto sonoro, capaci di raccogliere non solo il suono, ma anche le relazioni spaziali, corporee ed emotive che lo generano e lo abitano.
Tra conservazione e restauro: le sfide del suono
Il tema della conservazione dei beni sonori è stato affrontato da Giorgio Presti (informatica musicale), che ha illustrato in modo approfondito le metodologie attuali di digitalizzazione, catalogazione e metadatazione del patrimonio sonoro.
Partendo dalle problematiche legate alla conversione da supporto analogico a formato digitale, Presti ha sottolineato come la semplice digitalizzazione non garantisca di per sé la conservazione nel tempo, poiché i materiali digitali sono soggetti a obsolescenza dei formati, deterioramento dei supporti, migrazioni tecnologiche e progressiva perdita qualitativa.
L’intervento ha poi distinto tra restauro conservativo – volto a migliorare la qualità del suono mantenendo il più possibile le caratteristiche originarie – e restauro creativo che invece comporta scelte interpretative mirate a rendere l’ascolto più fruibile o coerente con contesti di ascolto contemporanei. Una distinzione non banale, che investe direttamente il problema della fedeltà al documento originario e della responsabilità interpretativa di chi conserva.
Cinema e censura nel Novecento
Un ulteriore e significativo contributo è stato quello di Angelo Desole (cinema), che ha concentrato la sua analisi sulla censura cinematografica nel corso del Novecento, con un taglio specificamente orientato a ripercorrere i mutamenti giuridici che hanno regolato la circolazione delle opere filmiche nel contesto italiano.
Attraverso un’accurata indagine delle normative e delle pratiche censorie, Desole ha illustrato come i diversi provvedimenti legislativi adottati nel corso del secolo abbiano condizionato la distribuzione e la fruizione del cinema, incidendo direttamente sulla forma e sui contenuti delle opere.
Il cinema emerge così non solo come terreno artistico e culturale, ma anche come spazio regolato da dispositivi giuridici mutevoli, specchio delle tensioni politiche, morali e sociali che hanno attraversato il Paese. Un intervento che ha restituito il quadro complesso di un dialogo continuo tra legge, immaginario e libertà espressiva.
Rileggere il teatro attraverso la rassegna stampa
Arianna Frattali (teatro) ha riflettuto sull’evoluzione della critica teatrale, che negli anni Settanta e Ottanta aveva un ruolo centrale nell’orientare il gusto del pubblico. Oggi, pur sopravvivendo sotto forma di recensioni su carta e online, questa funzione si è quasi del tutto persa: la critica non influisce più sulle scelte spettatoriali, limitandosi a offrire giudizi o resoconti.
Frattali ha sottolineato come, in assenza di documentazione video, la rassegna stampa sia spesso l’unico strumento per ricostruire la storia di uno spettacolo. Negli ultimi vent’anni, i produttori hanno iniziato a conservarla sistematicamente, raccogliendo materiali che restituiscono non solo i contenuti, ma anche i toni, la ricezione, e dettagli pratici come tempi, costumi, oggetti di scena.
In conclusione Frattali ha citato il caso virtuoso dell’Odin Teatret Archives, archivio digitale completo della compagnia fondata da Eugenio Barba, recentemente trasferito dalla Danimarca a Lecce: un esempio raro e prezioso di memoria teatrale digitalizzata e accessibile.
Il seminario si è rivelato una preziosa occasione di dialogo interdisciplinare, permettendo a giovani studiosi e ricercatori di confrontarsi su approcci, metodologie e criticità comuni nel campo della conservazione del patrimonio immateriale. I diversi interventi hanno messo in luce la necessità di sviluppare strategie consapevoli e integrate, capaci di valorizzare la ricchezza e la fragilità di pratiche artistiche fatte di gesti, suoni, immagini e presenze destinati a esistere nel tempo solo attraverso documenti, registrazioni e narrazioni condivise. Il lavoro sul patrimonio immateriale richiede dunque non solo competenza tecnica e sensibilità storica, ma anche la consapevolezza che ogni scelta di conservazione o restituzione implica una responsabilità e presa di posizione culturale.