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Dal palco al virtuale: la Contessina Julie a 360°

In questo articolo, il secondo della nostra serie sull’adattamento del testo di Strindberg “La Contessina Julie”, intervistiamo Bianca Montanaro, che ha curato, con Maddalena Mazzocut-Mis la drammaturgia di questa versione in realtà virtuale. Dopo aver esplorato l’approccio di Mazzocut-Mis nel precedente articolo La Contessina Julie di Strindberg: Un adattamento tra teatro e digital storytelling, ci addentriamo ora nelle sfide e nelle opportunità che la tecnologia VR e i video 360° hanno introdotto in questa storica opera teatrale.

Sfide e opportunità nella trasposizione di un classico

Adattare un testo teatrale classico come La Contessina Julie per la realtà virtuale non è stato un compito semplice, richiedendo un delicato equilibrio tra innovazione tecnologica e rispetto del testo originale. Bianca Montanaro, riflettendo su questa esperienza, sottolinea come “la sfida principale sia stata evitare la banalizzazione del testo attraverso l’uso della tecnologia, mantenendo invece un equilibrio che permettesse una piena immersione sensoriale e tematica dello spettatore.” L’obiettivo era creare un’esperienza in cui la tecnologia non fosse fine a se stessa, ma un mezzo per arricchire la comprensione e l’esperienza dello spettatore. Questo è stato ottenuto grazie a un accurato lavoro di integrazione tra immagini visive e suoni, che ha consentito di trasmettere i messaggi centrali dell’opera in modo originale e coinvolgente, senza mai tradire lo spirito del testo di partenza.

La nuova dinamica tra personaggi e spettatore

Uno degli aspetti più intriganti dell’adattamento a 360° della Contessina Julie è il modo in cui cambia la dinamica tra i personaggi e lo spettatore. Montanaro evidenzia che, sebbene l’esperienza in VR non sia radicalmente diversa da quella teatrale tradizionale, la tecnologia ha introdotto nuove possibilità per coinvolgere lo spettatore. “In VR, lo spettatore è chiamato a esperire più attivamente la scena, scoprendo nuovi dettagli e svelamenti della realtà scenica,” spiega l’attrice-regista. Questo approccio ha permesso di trasformare lo spettatore in una sorta di “occhio del Grande Fratello”, capace di indagare e scrutare la realtà scenica con una propria volontà, rendendolo quasi un attore all’interno della performance. Questa nuova dinamica ha richiesto un ripensamento delle modalità di narrazione, dove l’assenza del terzo personaggio, la cuoca, ha giocato un ruolo fondamentale nell’accentuare l’interazione tra spettatore e scena.

La realtà virtuale come strumento di esplorazione tematica

Un aspetto cruciale di questo adattamento è stato l’uso del 360° per amplificare e approfondire i temi centrali dell’opera di Strindberg. Bianca Montanaro descrive il processo creativo come la costruzione di un “pastiche”, dove le contaminazioni tra archivio sonoro e immagini scenografiche hanno giocato un ruolo chiave. L’uso della realtà virtuale ha permesso di creare connessioni emotive e sensoriali più profonde con la vicenda di Julie e Jean, arricchendo l’esperienza dello spettatore. “L’immagine visiva non si limita a corroborare le parole, ma agisce in maniera più inconscia, contribuendo all’immersione totale dello spettatore,” spiega Montanaro. Questa scelta ha permesso di suggerire che i temi affrontati nell’opera, sebbene radicati in un contesto storico specifico, sono in realtà universali e possono essere reinterpretati e rivissuti attraverso la lente della modernità.

Per chi fosse interessato a comprendere meglio come la tecnologia ha influenzato il processo creativo, è consigliabile leggere Telecamere e tecnologie teatrali: l’intervista al cast di Julie, dove vengono esplorate ulteriori dinamiche tecniche e artistiche della produzione.

VR: il futuro del teatro?

La realtà virtuale rappresenta sicuramente una delle innovazioni più stimolanti degli ultimi anni, ma Bianca Montanaro è convinta che essa non potrà mai sostituire completamente il teatro tradizionale. “Il teatro è carne e corpo; la tecnologia può essere un supporto, ma non deve mai rimpiazzare la performance dal vivo,” afferma con decisione. Secondo Montanaro, la VR può essere vista come una forma di esplorazione complementare, capace di arricchire l’esperienza teatrale e offrire nuovi spunti di riflessione, ma senza mai soppiantare la presenza fisica e la connessione emotiva che solo una performance dal vivo può offrire.

L’adattamento a 360° della Contessina Julie rappresenta dunque un esempio affascinante di come la tecnologia possa essere integrata nelle arti performative senza perdere di vista la centralità dell’esperienza teatrale. Questo progetto dimostra che, pur con tutte le sfide che comporta, la realtà virtuale può essere uno strumento potente per esplorare e amplificare i temi di un’opera classica, offrendo al pubblico un nuovo modo di vivere il teatro e permettendo una riflessione più profonda sui concetti di spazio, tempo e identità.

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Cecilia De Martino
Dottoressa magistrale in Lettere Moderne, Assistente alla didattica degli insegnamenti del Professor Francesco Tissoni presso l'Università degli Studi di Milano

La sua attività di ricerca si focalizza su Storytelling digitale, crossmediale e transmediale.

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